Nel duomo
Poesia di Antonia Pozzi
Sospingo una delle grevi porte e mi cade alle spalle la furia del meriggio ventoso. A lenti passi m’inoltro, bevendo l’ombra improvvisa in lunghi battiti delle palpebre stanche: suonano i passi come morte cose scagliate dentro un’acqua tranquilla che in tremulo affanno rifletta da riva a riva l’eco cupa del tonfo. Remiga la tristezza ad ancorarsi in golfi arcani d’oscurità profonde; remiga per un mare favoloso, ove sono i pilastri tronchi d’una subacquea pineta, viva e fitta così per lontananze senza confine… Brucia nella tenebra una lucente siepe di ceri: gli occhi vi si fissano subitamente e l’anima discende dalle sperdute immensità chiudendosi in un nodo di fiamme. Dinnanzi alla tremante fioritura che chissà qual divino alito inclina verso il sorriso di un’antica madonna, è immoto un bimbo. Guarda, il piccolo, assorto, e certo vede nella cappella accesa uno stupendo albero di Natale, a cui siano fronde le diafane dita dei ceri. Certo sogna, il bambino, che sian tutti balocchi i rozzi vetri sanguigni in cui esita un pallido lume… Gli sbocca nei grandi occhi intenti la piccola vita e tutta si allarga nella celeste immensità del sogno. Sfocia così il tumulto d’ogni mio male nel riposo di un’estasi senza confine e l’anima ritrova la sua pace, come un folle balzo di acque che si plachi, incontrando la suprema quiete del mare.