Per settimane a camminare, un digiuno nella vasca da bagno,
carne cruda tritata a muffire nel ristagno dell’acqua,
la stanza imbevuta di odore persistente come cherosene –
nessuno si faceva la barba e solo la tartaruga si bagnava.
Era così bella quando la rovesciavamo con un colpetto:
verdi, rossi, gialli, ornamento dello sbiadito selvaggio,
l’ultimo Sioux, vecchio ed esausto, che dice con fatica,
“Perché il Grand Padre Bianco non mette i suoi figli rossi
sulle ruote e ci sposta a suo piacimento?”
Andammo in macchina al fiume Orland e guardammo la tartaruga
precipitarsi verso l’acqua come corresse a nozze,
nuotando con gioia incontaminata,
leggiadre le mosche che nutrivano quella sottile superficie,
una tartaruga che si voltava a guardarci e ammiccava.