Ove romita e stanca si sedea
quella, in cui sparse ogni suo don natura,
guidommi Amor, e fu ben mia ventura,
che più felice farmi non potea.
Raccolta in sé, co’ suoi pensier parea
ch’ella parlasse; ond’io, che tema e cura
non ho mai d’altro, a guisa d’uom che fura,
di paura e di speme tutto ardea.
E tanto in quel sembiante ella mi piacque,
che poi per meraviglia oltre pensando,
infinita dolcezza al cor mi nacque;
e crebbe alor che ‘l bel fianco girando
mi vide, e tinse il viso, e poi non tacque:
«Tu pur qui se’, ch’io non so come o quando».