Plebiscito

Poesia di Giosuè Carducci

Leva le tende, e stimola 
La fuga de i cavalli; 
Torna a le pigre valli 
Che il verno scolorò! 
Via! su le torri italiche 
L'antico astro s'accende: 
Leva, o stranier, le tende! 
Il regno tuo cessò. 
Amor de' nostri martiri, 
De i savi e de' poeti, 
Da i santi sepolcreti 
La nuova Italia uscì: 
Uscì fiera viragine 
De le battaglie al suono, 
E la procella e 'l tuono 
Su 'l capo a lei ruggì. 
Levò lo sguardo; e splendida 
Su 'l combattuto lido 
Mandò a' suoi figli un grido 
Tra l'alpe infida le 'l mar: 
E di ridesti popoli 
Fremon le valli e i monti, 
E su l'erette lfronti 
Un sangue e un' alma appar. 
Già più non grava i liberi 
Viltà di cor le ciglia: 
Siam l'itala famiglia 
Cui Roma il segno diè.
La forte Emilia abbracciasi 
A la gentil Toscana: 
Legnano e Gavinana
Sola una patria or è. 
L'ombre de' padri sorgono 
Raggianti in su gli avelli; 
Il sangue de' fratelli 
Da' campi al ciel fumò. 
Già sotto il piede austriaco 
Bolle lampeggia e splende: 
Leva, o stranier, le tende: 
Il regno tuo cessò. 
Piena di fati lun'aura 
Da i roman colli move; 
La terra e il ciel commove
Le tombe e le città. 
In ogni zolla, o barbaro, 
A te una pugna attesta 
L'antica età ridesta 
Con la novella età. 
Vedi: Crescenzio i tumuli 
Schiude nel suol latino: 
Levato in piè Arduino 
Incalza il nuovo Otton. 
T'incalza il sasso ligure, 
La siciliana squilla; 
E Procida le Balilla 
Accende la tenzon. 
Ecco: Ferruccio l'impeto
Ed il furor prepara: 
Lo stuol di Montanara 
Intorno a lui si tien. 
Ne i dolor lunghi pallido 
Ecco il sabaudo Alberto:
Gittato ha il manto e 'l serto,
Sol con la spada ei vien 
A' varchi infidi cacciano 
I tuoi destrieri aneli 
Poerio con Mameli,
Manara e Rosarol. 
Nero vestiti affrontano 
Te del Carroccio i forti. 
Tornano i nostri morti, 
Tornano a' rai del sol. 
De i vecchi e nuovi martiri 
La voce si diffonde, 
E un grido sol risponde 
L'Arno la Dora il Po. 
Sola una mente e un'anima 
Tutta l'Italia accende: 
Leva, o stranier, le tende! 
Il regno tuo cessò. 
E tu, signor de' liberi, 
Re de l'Italia armato, 
Ne i voti del senato, 
Ne 'l grido popolar, 
Sorgi, Vittorio: a l'ultima 
Gloria de' regi ascendi; 
Al popolo distendi 
La mano, ed a l'acciar. 
T'accomandiamo i pubblici 
Diritti e le fortune, 
I talami e le cune, 
Le tombe de' maggior:
Vieni, invocato gaudio 
A i tardi occhi de' padri, 
Speranza de le madri, 
De' baldi figli amor. 
Vieni: anche i nostri parvoli 
A fausti dì crescenti 
Te con i dubbi laccenti 
Chiaman d'Italia re. 
Assai splendesti folgore 
Ne' sanguinosi campi, 
E de la pugna i lampi 
Arsero intorno a te. 
Vieni, guerriero e principe, 
Tra 'l popolar desio: 
Teco è l'Italia e Dio: 
Chi contro te starà? 
Dio pose te segnacolo
D'una fatal vendetta: 
Teco l'Italia affretta 
A la promessa età. 
Straniero, a le tue vergini 
Gran lutto allor sovrasta: 
Gitta la spada e l'asta; 
Dio gli oppressor fiaccò. 
De la vendetta il fulmine 
Già l'ale infiamma, e scende. 
Leva, o stranier, le tende! 
Il regno tuo cessò.