Prodigio

Poesia di Charles Simić

Sono cresciuto chino 
su una scacchiera. 

Amavo la parola scaccomatto. 

Il che sembrava impensierire i miei cugini. 

Era piccola la casa, 
accanto a un cimitero romano. 
I suoi vetri tremavano 
per via di carri armati e caccia. 

Fu un professore di astronomia in pensione 
che m'insegnò a giocare. 

L'anno, probabilmente, il '44. 

Lo smalto dei pezzi che usavamo, 
quelli neri, 
era quasi del tutto scrostato. 

Il re bianco andò perduto, 
dovemmo sostituirlo. 

Mi hanno detto, ma non credo che sia vero, 
che quell'estate vidi 
gente impiccata ai pali del telefono. 

Ricordo che mia madre 
spesso mi bendava gli occhi. 
Con quel suo modo spiccio d'infilarmi 
la testa sotto la falda del soprabito. 

Anche negli scacchi, mi disse il professore, 
i maestri giocano bendati, 
i campioni, poi, su diverse scacchiere 
contemporaneamente.