Le suore di carità

Poesia di Arthur Rimbaud

Il giovane dall'occhio brillante, la pelle bruna,
Il bel corpo ventenne che dovrebbe andar nudo
E che, la fronte cinta di rame, avrebbe adorato
Sotto la luna un Genio ignoto in Persia,
 
Impetuoso con dolcezze verginali
E nere, fiero delle sue prime testardaggini,
Simili ai giovani mari, pianti di notti estive,
Che si ravvolgono su letti di diamanti;
 
Il giovane, davanti alle brutture di questo mondo,
Trasale nel cuore ampiamente irritato,
E pieno delle ferita profonda ed eterna,
Comincia a desiderare la sua suora di carità.
 
Ma, o Donna, mucchio di viscere, dolce pietà,
Tu non sei mai la suora di carità, mai,
Né sguardo nero, né ventre ove dorme un'ombra rossa,
Né dita lievi, né seno splendidamente modellato.
 
Cieca non risvegliata dalle pupille immense,
Tutto il nostro abbracciare è solo una domanda:
Sei tu che ti aggrappi a noi, portatrice di mammelle,
Siamo noi a cullarti, grave e incantevole Passione.
 
 
I tuoi odi, i tuoi torpori fissi, i tuoi mancamenti,
E le brutalità un tempo sofferte,
Tu ci rendi tutto, o Notte, e senza cattiveria,
Come sangue in eccesso versato ogni mese.
 
- Quando la donna, portata un istante, lo spaventa,
Amore, richiamo di vita e canto d'azione,
La Musa verde e l'ardente Giustizia vengono
A dilaniarlo con la loro augusta ossessione.
 
Ah! sempre assestato di splendori e di calma,
Abbandonato dalle due Sorelle implacabili, gemendo
Con tenerezza per la scienza dalle alme braccia,
Offre alla natura in fiore la sua fronte sanguinante.
 
Ma la nera alchimia e gli studi santi
Ripugnano al ferito, cupo sapiente d'orgoglio;
Lui sente camminare su di sé atroci solitudini.
Allora, sempre bello, senza paura della bara,
 
Creda alle grandi mete, Sogni o Vagabondaggi
Immensi, attraverso le notti di Verità,
E ti chiami nella sua anima e nelle membra malate,
O Morte misteriosa, o suora di carità.
 
      
     Giugno 1871