Quella notte fummo pazzi uno dell’altra;
ci era lume la tenebra ferale,
assorti mormoravano i canali
e d’Asia odoravano i garofani.
Andavamo attraverso la città forestiera
nel canto velato e l’afa di mezzanotte,
soli sotto le stelle del Serpente
senza osare scambiarci uno sguardo.
Poteva essere il Cairo o anche Bagdad,
non la mia spettrale Leningrado –
e questo divario amaro soffocava
come la luttuosa atmosfera.
Forse accanto ci camminavano i secoli,
una mano invisibile batteva il tamburello:
i suoni, come segni arcani,
ci volteggiavano innanzi nel buio.
Così camminammo nella tenebra segreta
come in una terra di nessuno;
e ad un tratto la luna – feluca adamantina –
rischiarò l’incontro che fu commiato.
Se un giorno quella notte ritornerà da te
non scacciarla come maledetta
e sappi che qualcuno
vide nel sogno quel momento sacro.