Calendario lagunare
Poesia di Aimé Césaire
abito una ferita sacra abito antenati immaginari abito un volere oscuro abito un lungo silenzio abito una sete irrimediabile abito un viaggio di mille anni abito una guerra di trecent’anni abito un culto abbandonato tra bulbo e derivato abito lo spazio trascurato abito del basalto non una colata ma della lava il mascheretto che risale la valle e va spedito e brucia tutte le moschee m’adatto quanto posso a questa manifestazione d’una versione del paradiso fallita assurdamente - è ben peggiore d’un inferno - abito di quando in quando una delle mie piaghe ogni minuto cambio appartamento e la quiete mi sgomenta vortice di fuoco ascidio senza pari di polveri di mondi dispersi vulcano che ha già sputato le interiora d’acqua viva io resto coi miei pani di parole e i miei minerali segreti abito quindi un pensiero vasto ma il più delle volte preferisco relegarmi nella più piccola delle mie idee oppure abito una formula magica le prime parole soltanto che il resto è dimenticato abito l’aggrumarsi abito il disfarsi abito il lembo d’un gran disastro abito più spesso la mammella più arida del picco più scarno - la lupa di queste nubi - abito l’areola delle cactacee abito un gregge di capre che s’attacca al capezzolo dell’argania più spoglia a dire il vero non so più il mio indirizzo esatto batiale o abissale abito la tana dei polpi mi batto con un polpo per una tana da polpo fratello non insista mucchio di varech che m’avvinghio come cuscuta o mi dispiego come porana è lo stesso e che il flutto travolga e che salassi il sole e che flagelli il vento gobba tonda del mio nulla la pressione atmosferica o meglio quella storica accresce i miei mali a dismisura anche se rende sontuose alcune delle mie parole