Uscì Fiammetta nel tramonto roseo
dall'opificio, con le eguali a fascio.
Rise, con l'insolenza de' suoi sedici
anni, al cortil di pietra, al folle stridere
delle rondini intorno, al gran comignolo
nericcio, al sol che s'indugiava obliquo
delle montagne sulle vette cupree.
Ma, giunta a salti su l'erboso spiazzo,
sfavillò d'allegrezza udendo un barbaro
organetto suonar la tarantella.
«Ohè, danziamo!…» E si slanciò la vergine
bruna, e fu tutto un turbinar di giovani
coppie in cadenza ondoleggianti, e un vivido
balenìo di pupille e scoppi tremuli
di risa, e strilli, e rapidi richiami.
…. Sovra tutte leggiadra era Fiammetta:
sovra tutte felice era Fiammetta:
i suoi denti splendean nell'olivastro
volto con fresca purità selvaggia,
ogni nervo ogni tendine ogni muscolo
del suo corpo gioir parean nel libero
moto: danzar pareva anche col cuore,
donarsi intera, come offerta a un bacio,
la flessuosa vergine Fiammetta.
Gioja d'essere al mondo; e d'aver sedici
Aprìli, un nastro al collo, una purpurea
bocca fragrante e membra alate al ritmo,
e di sentirsi dir: Come sei bella!…
Gioja di morder nella polpa morbida
dei frutti—e d'esser pari al frutto acerbo
che il sol penètra e niuno ha côlto ancora.—